1. SADDAM HUSSEIN è stato giustiziato. Molto probabilmente, d'altronde, n'eravate già al corrente [a meno che non abbiate un livello d'informazione veramente - ma veramente - basso e, in tal caso, sentendomi automaticamente autorizzata a ritenere molto basso anche il vostro livello culturale, mi trovo costretta ad invitarvi ad abbandonare il blog, e sappiate che lo faccio per il vostro bene: potreste seriamente incorrere nel rischio di trovare poco comprensibili alcune parole ed alcune mie personali trovate grammaticali che risulterebbero astruse persino ad un glossista con dottorato in semiotica e master decennale in scrittura creativa (sì, mi piace da morire lasciare che i pensieri vadano da sè e diano forma ad agglomerati di nonsense di tale portata (vedi sopra (ndA), cretino) e qui mi tocca riempire un po' di spazio sennò la frase rischia di sembrare un'espressione aritmetica]. Ad ogni modo, ci tenevo a precisare che non sono affatto d'accordo con la decisione di condannare Saddam a morte, perchè sono ideologicamente [è uno dei pochi campi in cui mi concedo di avere un credo ideologico] contraria alla pena di morte o - per meglio dire - all'assassinio di stato, e trovo che la sua uccisione sia la ciliegina sulla torta di un'opera di sfacelo e vergogna che gli Stati Uniti avrebbero dovuto avere il buongusto di risparmiarsi dall'intraprendere. Ma tant'è, oramai. E, comunque, non credo che esista qualcuno, su questa terra, realmente interessato a sapere cosa penso io, a tal proposito [sbagliando, chiaramente (cioè, quel qualcuno non interessato si sbaglia, eh, mica io)].
2. BROKEN FLOWERS di Jim Jarmusch è un film estremamente noioso. Ora, l'idea di per sè non è affatto male come non sarebbe malvagio neanche lo svolgimento, se solo non fosse così lento in uno spazio diluito, quasi artificiale. Bill Murray è sempre stato [ah, dimenticavo la caduta di stile con gli angeli di Charlie o come cazzo si chiamano, quelle tre psicopatiche in tutina attillata] e sempre sarà un personaggio meraviglioso, perchè meravigliosa è la sua faccia, l'espressione del suo viso e quell'aria sorniona ma rimbecillita che riesce ad avere soltanto lui. Ciononostante, il film sta ben poco in piedi. E - devo dire - questa lentezza, questa scarso senso del ritmo [potrà anche essere voluto ma, per me, resta una boiata], dev'essere un tratto distintivo dello stile di Jarmusch: Coffee and cigarettes mi era piaciuto di più ma anche in quel caso avevo notato questa fastidiosissima pecca. Direi, 6 +, tutto sommato.
3. DAVID HUME è uno dei filosofi più pesanti che io abbia mai studiato. Ho passato la mattinata a cercare di entrare nel pensiero di John Locke per poi abbandonarlo ed immergermi [tentare di immergermi: errata corrige] in quello di Hume. Ma è praticamente impossibile: è così poco logico, così presuntuoso, così... così... o forse ero io che annaspavo sul libro, con in testa tutto meno che il sistema tributario e le cause del crollo dell'Impero romano. Per non parlare del mio fantastico pomeriggio, alle prese con i tipi di organizzazione sociale, in compagnia di soggetti esilaranti quali Marx & Engels [la premiata ditta, un po' come Feltri e Lerner], Spencer, Durkheim, Parsons e Tonnies. Yuppie ya yeah.
4. L'ULTIMO DELL'ANNO è un giorno melodrammatico. Tutti si sentono in dovere di festeggiare, di essere felici, di sbandierare ai quattro venti la loro sostanziale soddisfazione nel constatare di esserci ancora, al mondo, nonostante sia passato un altro anno. Io, dal canto mio, vago in giro per casa con la netta sensazione di essermi persa qualcosa, nel processo di formazione della personalità o forse proprio nel processo di formazione dei miei neuroni che malfunzionano da vent'anni, tre mesi e venticinque giorni [penso di potervi risparmiare ore, minuti e secondi]. Perciò, come da copione, passerò l'ultimo dell'anno a bere come una spugna, probabilmente farò un giro di ricognizione [e di digestione] per strada [ma quest'anno potrei evitare, dal momento che Cosenza è stata *onorata* della presenza di quella sottospecie di essere umano che risponde al nome di Gigi D'Alessio ("il sonno della ragione genera mostri" disse Goya, forse prevedendo la nascita dell'uomo di cui sopra)] e poi mi darò a qualche giochetto alcolico [quello dei mimi, forse, o magari il karaoke] del quale avrò dimenticato tutto, il mattino successivo. E questo è quanto.
5. L'OPERA STRUGGENTE DI UN FORMIDABILE GENIO di Dave Eggers è di sicuro un gran bel libro. Il problema è che mi trovo in un periodo delicato, in cui crisi di panico e gastriti si alternano con una certa armoniosa frequenza, ed io non me la sento di affrontare una lettura angosciante, piena di tumori e sangue e sofferenze dissimulate. Preferisco prendermi una sbornia di sarcasmo esilarante di cui solo le mitiche Sturmtruppen di bonviana memoria possono essere capaci. La mia crescita culturale è rimandata a data da destinarsi.
Passo e chiudo.
No matter if I am alone.