ON AIR: Cu'mme, Mia Martini feat. Roberto Murolo
Ieri mattina ho fatto una riflessione di portata non trascurabile. Mi ero appena svegliata, erano circa le dieci e stavo trascinandomi lungo il corridoio tentando di aprire gli occhi per bene. C'è una premessa da fare, prima di proseguire nel racconto: quando sono qui a Cosenza, mi sveglio sempre di pessimo umore e la situazione tende a peggiorare clamorosamente con l'ansia mattutina di chiacchierare [chiacchierare di prima mattina?!] di cui i miei - e in special modo mio padre - non riescono a liberarsi. Insomma, ieri mattina stavo già preparandomi a fare i conti con questa dolorosa realtà quando ho sentito la tv dei miei a volume altissimo, ho aperto la porta socchiusa e ho trovato mia madre intenta a sudare sul tapis-roulant [ne hanno uno in camera da letto e mia madre lo usa guardando la televisione, ovviamente a volume sfonda-timpani perché già non ci sente: figuriamoci col casino che fa quell'aggeggio infernale in sottofondo]. Ma il punto non è questo. Il punto è che stava guardando un film, di cui non mi ricordo assolutamente il titolo o forse - semplicemente - non mi sono neanche preoccupata di venirne a conoscenza. Insomma, questo film era uno di quei film pessimi, anzi: non pessimi nel senso estetico o concettuale del termine. No, si tratta di uno di quei film di cui nessuno avrebbe mai sentito il bisogno, ecco: una di quelle commediole in salsa rosa, pseudo-divertenti, piene di paaesaggi romantici, situazioni che qualcuno giudicherebbe comiche, malintesi sessuali [sì, vanno ancora di moda] e donne ripiene [direi, farcite] di dignità [per intenderci, quelle che mollano ceffoni, interrompono conversazioni sgradite lasciando la stanza e incontrano uomini disposti a mettersi totalmente in ridicolo per loro: no, non è un film di fantascienza o almeno non credo]. Ma arrivo al succo della questione: questi film tendono frequentemente a concludersi con un uomo piuttosto belloccio, anche gentile e premuroso, che viene abbandonato all'altare come un baccalà sotto sale. Quindi, riapro una parentesi: le donne farcite di dignità trovano ben due uomini MERAVIGLIOSI ben disposti a sposarle o comunque ad intraprendere una relazione seria con loro e, in linea di massina, tendono a scegliere quello più stronzo sperando in una sua miracolosa redenzione sentimentale. Ecco, arrivo al punto: perché nessuno ha ancora pensato ad analizzare il punto di vista di quel pover'uomo? Perché non è stato ancora girato un film sulla storia tragica di questo disgraziato pieno di potenzialità affettive che viene preso per il culo per tutto il tempo [i baci, le promesse di amore eterno, il brillocchio che ha regalato a quella che credeva fosse la sua lei... tutte stronzate] fino al definitivo abbandono, dopo i soldi e gli affetti investiti nella cerimonia [che, teoricamente, dovrebbe essere pagata dal padre della sposa, piuttosto incazzato anche lui per il casino messo su inutilmente], in una casa generalmente incantevole e in una relazione apparentemente perfetta. Ebbene, qual è la ragione di questa imperdonabile lacuna nella filmografia mondiale? Forse perché quell'individuo non è un nerd sfigato e dunque non vale la pena fare film o serie televisive su di lui; forse perché non si riuscirebbe a catalogare la sua vicenda in nessun modo, se non come un dramma senza ragionevoli motivazioni socio-culturali; forse perché non si deve prestare troppa attenzione al fatto che anche la perfezione assoluta può essere abbandonata all'altare [infatti, solitamente, il tizio è perfetto ma piuttosto mediocre]; forse perché non fregherebbe un cazzo di niente a nessuno. E infatti, a ben pensarci, non frega un cazzo di niente neanche a me. E non vedo perché dovrei fare l'avvocato delle cause perse... Soprattutto, non voglio provare alcuna empatia per quel disgraziato: NON DEVO.
Ebbene, è troppo caldo per continuare a scrivere. Tanto più che non mi pare di avere molto da dire e temo di non essere riuscita a nasconderlo.
Sai come mi sento? Come una Lilli formato mignon [ancora più mignon della me reale, intendo dire] che cammina su un enorme calendario scritto in caratteri cubitali e trascina questa matita gigante, segnando con una croce tutti i giorni che passano con una lentezza estenuante. Fino a domenica. E poi al 14. E poi al 24. E poi al 31.
Un tempo ero una persona incredibilmente paziente. Ma sto invecchiando.
Ah comme se fa'.
Ieri mattina ho fatto una riflessione di portata non trascurabile. Mi ero appena svegliata, erano circa le dieci e stavo trascinandomi lungo il corridoio tentando di aprire gli occhi per bene. C'è una premessa da fare, prima di proseguire nel racconto: quando sono qui a Cosenza, mi sveglio sempre di pessimo umore e la situazione tende a peggiorare clamorosamente con l'ansia mattutina di chiacchierare [chiacchierare di prima mattina?!] di cui i miei - e in special modo mio padre - non riescono a liberarsi. Insomma, ieri mattina stavo già preparandomi a fare i conti con questa dolorosa realtà quando ho sentito la tv dei miei a volume altissimo, ho aperto la porta socchiusa e ho trovato mia madre intenta a sudare sul tapis-roulant [ne hanno uno in camera da letto e mia madre lo usa guardando la televisione, ovviamente a volume sfonda-timpani perché già non ci sente: figuriamoci col casino che fa quell'aggeggio infernale in sottofondo]. Ma il punto non è questo. Il punto è che stava guardando un film, di cui non mi ricordo assolutamente il titolo o forse - semplicemente - non mi sono neanche preoccupata di venirne a conoscenza. Insomma, questo film era uno di quei film pessimi, anzi: non pessimi nel senso estetico o concettuale del termine. No, si tratta di uno di quei film di cui nessuno avrebbe mai sentito il bisogno, ecco: una di quelle commediole in salsa rosa, pseudo-divertenti, piene di paaesaggi romantici, situazioni che qualcuno giudicherebbe comiche, malintesi sessuali [sì, vanno ancora di moda] e donne ripiene [direi, farcite] di dignità [per intenderci, quelle che mollano ceffoni, interrompono conversazioni sgradite lasciando la stanza e incontrano uomini disposti a mettersi totalmente in ridicolo per loro: no, non è un film di fantascienza o almeno non credo]. Ma arrivo al succo della questione: questi film tendono frequentemente a concludersi con un uomo piuttosto belloccio, anche gentile e premuroso, che viene abbandonato all'altare come un baccalà sotto sale. Quindi, riapro una parentesi: le donne farcite di dignità trovano ben due uomini MERAVIGLIOSI ben disposti a sposarle o comunque ad intraprendere una relazione seria con loro e, in linea di massina, tendono a scegliere quello più stronzo sperando in una sua miracolosa redenzione sentimentale. Ecco, arrivo al punto: perché nessuno ha ancora pensato ad analizzare il punto di vista di quel pover'uomo? Perché non è stato ancora girato un film sulla storia tragica di questo disgraziato pieno di potenzialità affettive che viene preso per il culo per tutto il tempo [i baci, le promesse di amore eterno, il brillocchio che ha regalato a quella che credeva fosse la sua lei... tutte stronzate] fino al definitivo abbandono, dopo i soldi e gli affetti investiti nella cerimonia [che, teoricamente, dovrebbe essere pagata dal padre della sposa, piuttosto incazzato anche lui per il casino messo su inutilmente], in una casa generalmente incantevole e in una relazione apparentemente perfetta. Ebbene, qual è la ragione di questa imperdonabile lacuna nella filmografia mondiale? Forse perché quell'individuo non è un nerd sfigato e dunque non vale la pena fare film o serie televisive su di lui; forse perché non si riuscirebbe a catalogare la sua vicenda in nessun modo, se non come un dramma senza ragionevoli motivazioni socio-culturali; forse perché non si deve prestare troppa attenzione al fatto che anche la perfezione assoluta può essere abbandonata all'altare [infatti, solitamente, il tizio è perfetto ma piuttosto mediocre]; forse perché non fregherebbe un cazzo di niente a nessuno. E infatti, a ben pensarci, non frega un cazzo di niente neanche a me. E non vedo perché dovrei fare l'avvocato delle cause perse... Soprattutto, non voglio provare alcuna empatia per quel disgraziato: NON DEVO.
Ebbene, è troppo caldo per continuare a scrivere. Tanto più che non mi pare di avere molto da dire e temo di non essere riuscita a nasconderlo.
Sai come mi sento? Come una Lilli formato mignon [ancora più mignon della me reale, intendo dire] che cammina su un enorme calendario scritto in caratteri cubitali e trascina questa matita gigante, segnando con una croce tutti i giorni che passano con una lentezza estenuante. Fino a domenica. E poi al 14. E poi al 24. E poi al 31.
Un tempo ero una persona incredibilmente paziente. Ma sto invecchiando.
Ah comme se fa'.