Il problema è che io non ci capisco più niente. Della mia vita, dei miei disagi esistenziali, dei miei sentiment[alism]i, delle mie piccole tragedie greche quotidiane, dei miei gusti, dei miei dissapori, delle mie pigrizie, dei miei impulsi fisiologici... praticamente, di tutto. E la soluzione - finale, alla maniera hitleriana, perdio - è fermarsi, guardarsi intorno e mettersi ad urlare mentre tutto quanto fluisce e, magari, decide di sparire avviandosi verso l'orizzonte lontano delle mie molte personalità passate. Ho sempre saputo, nella mia vita, che cosa volevo essere e che cosa non volevo essere: al momento, francamente parlando, barcollo tra una decina di modelli comportamentali differenti, annaspando alla sola idea di ritrovarmi con in bocca parole che non avrei mai sognato di dire e che, ciononostante, sono diventate insospettabilmente mie. Ho paura di tradirmi, forse, oppure ho paura di tradire l'idea di me che qualcuno si è fatto. Il punto è che io non esisto.
Ad ogni modo, scrivo da casa del mio principe azzurro [oddio, dubito del fatto che lui riesca a vedersi in questa definizione ma tant'è, e io non posso farci proprio niente] quando dovrei essere in giardino [lo elevo al rango di giardino, suvvia] a studiare, inondata dalla luce abbagliante del sole romano: adoro stare qui, adoro sapere che - dopo il lavoro - tornerà a casa, adoro che i gatti sonnecchino e miagolino sul divano, adoro questa sedia verde e questa tastiera incredibilmente rumorosa, adoro il cinguettio degli uccelli [ecco, non avrei mai immaginato di poter dire qualcosa del genere], adoro la libreria piena di mattoni colorati che recitano roba tipo: C++, Java, Flash MX e quant'altro, adoro la pentola a pressione, adoro tutti quegli stracci, adoro il bagno ricoperto di umido, adoro i mobili da giardino nuovi, adoro i vicini impiccioni, adoro le erbacce intorno all'albero, adoro stirare tutta quella robaccia mimetica e adoro dormire sapendo che mi basta girarmi per vederti [a volte posso anche rimanere di spalle, tanto ti sento forte e chiaro]. Però - e il però è molto grosso, direi: ingombrante - detesto - e non è poco dire che io DETESTO - una parte del tuo passato più o meno recente, in cui io non esisto, in cui non ti riconosco, in cui non mi piace quello che sei stato, in cui LEI è stata importante. Per questa ragione, detesto tutto quello che la riguarda, indistintamente: tutto. Potrà sembrare stupido, poco razionale, infantile anche, e probabilmente lo è, ma non me ne frega niente: tu sei la mia serenità, anche se serena non lo sono stata mai, nella mia vita. Perciò tu devi toccarmi, farmi sentire che sei vicino e poi convincermi che non sei temporaneo, non sei provvisorio, non sei effimero: sei tu e sarai sempre e solo tu.
Che altro? Ho le mutandine stese fuori e, fino a quando non saranno asciutte, sarò Sharon Stone in Basic Istinct in versione casalinga mooolto disperata, con tanto di pigiama, il tutto in formato mignon. Ma, da questa faccenda, ho tratto un valido insegnamento: è sempre molto importante portarsi dietro una montagna di mutandine, se non si ha la gestione assoluta della lavatrice. Ed è molto gratificante crescere dentro grazie ad esperienze come questa.
E qui concludo.
La corazzata Potemkin è una cagata pazzesca!
E c'ha ragione, c'ha. Pover'uomo.
Lei lo fa come avesse sete.
pucci pucci pucci cucci cucci cu e pissi pissi pissi gne gne gne