"C'è un grande dramma crudo, sanguinoso, che si replica in continuazione dietro la facciata luminosa dei nostri rituali quotidiani di nascita, matrimonio, morte; dietro i genitori e la scuola e i letti e i banchetti: le ombre scure, crudeli, gli animali demoniaci, gli Affamati."
Sylvia Plath
Tutta questa rabbia repressa. Il senso di panico, la paura atroce della morte, il dolore, l'ansia implacabile. E tutta questa assurda rabbia repressa che non trova sfogo, che non so come controllare per arginare il rischio di creare il vuoto intorno a me. Ci sono giorni in cui non so cosa farmene, di me stessa: ci sono giorni in cui, fin dal mattino, sento che dovrei chiudermi in una stanza e aspettare che scenda il buio, per non fare danni, agli altri ma soprattutto a me stessa. E' che al mondo non puoi spiegare come ti senti perchè il mondo non lo può capire. Non che il mondo sia stupido [oddio, non proprio tutto il mondo lo è - o questo è quello che mi piace pensare]: semplicemente, alcune sofferenze quasi mistiche non possono essere riversate in parole che poi rimangono sospese per aria fino alla dissoluzione. Io amo farmi del male: io amo punirmi. Sono nata con la morte negli occhi e me la porterò dietro per sempre. Sono un aborto mal riuscito, una scommessa persa in partenza, una falsa speranza dura a morire. Sono il male che può nascondersi bene, sprofondare dietro la retina e non uscire mai allo scoperto, ma rimane sempre male: io sono quel male. Posso scappare, pensare di mettermi al riparo, cercarmi qualcosa da fare, trovarmi passatempi più o meno intelligenti mentre aspetto di morire: fatto sta che non guarirò mai, che non ci sarà mai un cielo completamente limpido, per me. Perchè io non sono capace di vederlo. Possono incantarmi le sfumature - la traccia arancione del sole al tramonto, il silenzio post-atomico di certi notturni irreali, il frastuono catastrofico della pioggia che si riversa a disinfettare il mondo - e posso persino piangerne, ma non sarò mai in grado di conoscere certi stati di assoluto benessere. E probabilmente la colpa è solo mia. Ma non esistono cure alle malattie come la mia, non esiste forza di volontà che tenga: il dolore, a volte, è la mia unica connessione con la realtà. E non posso ripudiarlo, perchè mi tiene ancorata alla vita.
Paura di me.
Ci hai creduto? No, in realtà l'ho fatto, anche se poco e male e continuo a sentirmi in imbarazzo solo a sentirlo nominare. Arriverà anche l'andropausa, a trarmi in salvo.
Non capisco se è il tuo modo di scrivere che peggiora o la mia idiosincrasia per certi stili che aumenta.