26.7.06,11:12 PM
"La tragedia è che continuo a crederci" dissi io, riscopertami Mafalda, quando sentii la sua voce bisbigliare uno strascicato "forse"...
ON AIR: Amore disperato, Nada
Sì, mi vergogno più che sufficientemente per i miei attuali gusti musicali. Ma tant'è.
Le giornate sono strane, sono isteriche e stracolme di sensazioni altalenanti, come valigione super capienti in cui vorresti farci entrare persino certe persone, per non correre il rischio di dimenticare a casa la consapevolezza della loro esistenza. Mi sento come se tutto - e di questo "tutto" non saprei dare una definizione - potesse sfaldarsi sotto i miei passi, come un ponte di creta che mi collega con un futuro più o meno prossimo senza mai farlo davvero. Sono percezioni insolite, probabilmente da paranoica quale io tengo ad essere sempre e comunque, ma restano comunque vivide quanto basta da procurarmi nausee continue. E no, non credo di essere incinta, no.
E' che oggi ripensavo a questo:
"... Come glielo dici, a un uomo così, che adesso sono io che voglio insegnargli una cosa e tra le sue carezze voglio fargli capire che il destino non è un catena ma un volo, e se solo ancora avesse voglia davvero di vivere lo potrebbe fare, e se solo avesse voglia davvero di me potrebbe riavere mille notti come questa invece di quell'unica, orribile, a cui va incontro, solo perchè lei lo aspetta, la notte orrenda, e da anni lo chiama.
[...]
Come glielo dici, a un uomo così, che ti sta perdendo? ..."
E' come vivere, giorno dopo giorno, dentro una minuscola stanzetta asfittica in cui sai per certo che dovrai passare tutta la tua esistenza, nutrendoti solo della consapevolezza di essere infinitamente migliore e di una strana forma di asocialità che ti rende sola, seriamente sola, soprattutto quando qualcuno viene a farti visita. Poi, di punto in bianco, un giorno come tanti, ti capita di scoprire una crepa nel muro e c'infili il naso, provando ad inalare l'aria: scopri ch'è buona, magnificamente buona, e cominci a credere che la speranza di uscire da lì e metterti in salvo, dentro una stanza piena d'aria ossigenata, esiste per davvero. Allora cominci a graffiare il muro, a scavare per allargare quella piccola crepa, sempre più entusiasta e sicura di poterti procacciare il tuo angolo di cielo. E manco te ne accorgi, che le mani iniziano a sanguinare mentre la crepa rimane lì, identica al primo giorno, incapace di offrirti quanto speravi. E, se pure te ne sei accorta, ormai, tu non riesci a crederci e continui a sbattere pugni contro la parete, ripetendoti che il sangue si asciugherà e tu riuscirai ad attraversare quella fessura. Tralasciando il fatto che il sangue comincia ad incostrarsi attorno alle dita, che sei stanca da morire, che la fessura pian piano si restringe. E sai che morirai, per colpa di quello spiraglio di luce, tu morirai.
Sta chiamando sta chiamando sta chiamando sta chiamando lui.
 
Tutto sommariamente presunto da Ofelia ,
con


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